Leni
È stata una grande ballerina e non lo è stata, era dotata di uno straordinario talento e non aveva alcuna inclinazione. Prima è bellissima, poi non lo è – dipende da chi la osserva, dall’angolazione dell’inquadratura, o dalla luce –, a volte ha un bel viso, puro e grave, altre volte è carina come una svastica.
Gli uomini sono brutali con lei, la scaraventano sul letto, le strappano i vestiti di dosso, la trattano da puttana e subito dopo le mandano fiori, la chiedono in sposa, minacciano di suicidarsi, si tagliano le vene, si gettano ai suoi piedi o in un fiume nel cuore dell’inverno.
È un’attrice meravigliosa, sullo schermo non vale niente, non è neppure fotogenica, ha perfino gli occhi storti. E poi no, non sono storti, è strabismo di Venere, è quella cosa che i tedeschi chiamano Silberblick, sguardo d’argento, anche se proprio non si capisce perché.
È una nazista convinta e non è mai stata nazista, non ha mai preso la tessera del partito e ha girato tre film sulle sue agghiaccianti adunate, uno dei quali è un capolavoro. Goebbels la idolatrava e intanto la sbatteva contro un muro. Era l’amante di Hitler, ma no che non lo era, Hitler aveva la sua missione da compiere e non poteva permettersi di amare nessuna, nemmeno Leni, lei era solo la sua cineasta, la regista del regime, ed era gelosa della propria indipendenza, sorrideva al Führer e subito dopo filmava lo strabiliante negro Jesse Owens.
E voleva bene ai bambini nuba, e anche agli zingari di Maxglan, in particolare ai piccoli Reinhardt e Winter, li adorava, e quando scappavano dal set ordinava alle ss di inseguirli. Pretendeva che le chiedessero scusa in ginocchio e si faceva chiamare zia Leni, era veramente innamorata di questi bambini, non aveva idea che sarebbero stati assassinati, e se non si inginocchiavano diceva: E allora, nel Lager.
Quest’ora sommersa, pag.100